DOMANDA
Caro Dott. Di Trapani, lei circa due anni fa ha trapiantato di rene mio figlio, il rene gli e lo donato io. Mio figlio sta bene ed anch’io sto benissimo. La domanda che le pongo è la seguente: posso avere complicanze negli anni a venire?
Ringraziandola ancora per tutto quello che ha fatto per mio figlio, le auguro una buona giornata.
Cordiali saluti.
RISPOSTA
Gentile lettore, la ringrazio per la fiducia che ancora oggi mi da, le posso dire che la nefrectomia è un atto chirurgico importante che può essere seguito da complicazioni. Vi è un rischio di mortalità peri-operatoria che si aggira tra lo 0,02 e lo 0,03%. Le preoccupazioni maggiori di medici e pazienti riguardano le complicanze a lungo termine. Uno studio svedese di confronto con la popolazione generale ha constatato che i donatori di rene hanno una sopravvivenza più prolungata rispetto ai coetanei dello stesso sesso. Uno studio del gruppo di Minneapolis ha confrontato lo stato clinico di 57 soggetti che avevano donato il rene con quello di 65 loro fratelli non donatori , 25 anni circa dopo la donazione. Non vi erano differenze tra i due gruppi di fratelli nella funzione renale, nei valori medi di pressione arteriosa e nella presenza o assenza di anomalie urinarie. Un altro studio ha valutato la situazione clinica dei soldati americani che 45 anni prima, durante la guerra di Corea, avevano subito una nefrectomia per ferita d’arma da fuoco. Il rischio di morte dopo 45 anni era simile a quello dei loro commilitoni non feriti. Simile anche la frequenza di ipertensione arteriosa. Questi dati sono stati confermati da numerose altre casistiche . Secondo i dati dell’United Network of Organ Sharing solo 56 su oltre 50.000 donatori di rene svilupparono insufficienza renale avanzata, soprattutto causata dall’insorgenza, indipendente dalla nefrectomia, di malattie come diabete o aterosclerosi. Numerosi studi psicologici hanno dimostrato che la qualità di vita dei donatori è superiore, o nel peggiore dei casi non inferiore, a quella della popolazione generale. Non esistono limitazioni lavorative o di attività fisica per un soggetto nefrectomizzato. Una donatrice di rene può affrontare serenamente una gravidanza. Non vi sono evidenze che una donna gravida nefrectomizzata corra maggiori pericoli di complicazioni per sé o per il feto rispetto ad una gravida normale. Anche se l’osservazione a lungo termine dei pazienti nefrectomizzati fornisce risultati tranquillizzanti, vi è un accordo generale tra i nefrologi sull’opportunità di eseguire un checkup almeno una volta all’anno. Questi controlli comportano generalmente una visita clinica, un prelievo di sangue per valutare la funzione renale, la funzione epatica, i principali indici metabolici e il numero di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Indagini più complete vengono eseguite nel caso che dalla storia clinica o dagli esami di laboratorio emergano sospetti di nuove patologie cardiocircolatorie, tumorali o infettive. Tali controlli oltre a rassicurare il donatore sulla sua funzione renale, hanno consentito in diversi casi una diagnosi precoce di tumori silenti o coronaropatie subcliniche, prevenendo quindi possibili complicazioni “de novo” anche letali.