marziale, terapìa


    Aggiornato il 14 Dicembre 2015

    terapia a base di ferro. Le principali indicazioni alla terapia marziale sono rappresentate dalle condizioni di deficienza assoluta o relativa di ferro nell’organismo: in linea di massima, anemie sideropeniche (compresa l’eventuale supplementazione di ferro in gravidanza). La terapia marziale è praticabile sia per via (1) orale che per via parenterale: (2) intramuscolare o (3) endovenosa. (1) Nel primo caso, si somministrano sali di ferro (principalmente solfato o gluconato ferroso), possibilmente lontano dai pasti perché non sia ulteriormente ridotta la percentuale del minerale assorbito. L’assunzione di ferro per bocca può provocare stipsi ed epigastralgie (che talora comporta la necessità di somministrazione a stomaco pieno). Le feci possono assumere un colore scuro e la ricerca di sangue occulto si positivizza, dato del quale va tenuto conto nella valutazione di un eventuale sanguinamento gastrointestinale. Le principali controindicazioni sono rappresentate da: ulcera peptica, gastrite, colite ulcerosa, malassorbimento ecc. La terapia va protratta a lungo (3-6 mesi) prima che i depositi di ferro dell’organismo siano utilmente ricostituiti. (2) La via intramuscolare è dolorosa e può provocare reazioni locali e generali; va riservata, pertanto, ai casi in cui la terapia orale è controindicata e quella endovenosa non è praticabile. (3) La terapia endovenosa consente un più rapido ripristino dei depositi di ferro, ma va eseguita solo in condizioni protette, a causa dei pericoli che comporta (sincope e reazioni allergiche gravi fino allo shock anafilattico). Il monitoraggio della terapia marziale si effettua con esami ematochimici: fondamentalmente, emocromo e ferritina.