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Diagnosi di ADHD in preadolescenza

Gentile Professore,
mio figlio, nato nel marzo 2002 da parto naturale lungo e difficoltoso, ha sempre mostrato esuberanza ed entusiasmo uniti a estrema frustrabilità e difficoltà di consolazione, giochi solitari e spesso poco finalizzati, facilità a fare conoscenza ma difficoltà a stringere e mantenere amicizie, enorme distrazione, inesistente pianificazione e scarsa coordinazione.
Già in terza elementare covava pensieri depressivi e anche suicidari. La scuola richiedeva davvero poco, lui aveva già imparato a leggere a 4 anni, ha sempre avuto una grande vivacità e curiosità, quindi il problema si creava solo a casa: tragedie per qualsiasi minimo compito, prima testa altrove, poi scene isteriche, ore e ore di blocco assoluto. Alle medie il sentirsi sempre senza amici ha cominciato a pesare di più, i professori non effettuavano più controlli su diario e quaderni e G. ha iniziato a perdere colpi. Noi genitori lo seguivamo passo passo e a costo di scontri continui e un’immensa fatica ha avuto comunque buoni risultati. In terza media, a soli 12 anni, ha iniziato ad avere comportamenti antisociali (fumo, bugie, sottrazioni di denaro a me e alla nonna, spegne le candele in chiesa, lancia calci a mobili e oggetti, insulta e denigra quasi tutti i suoi compagni).
A parte questo, smette di studiare per mesi e ancor più di prima perde, rompe o dimentica qualsiasi cosa (diario, astucci, abiti, libri, abbonamenti autobus e cellulari). Inizia a gennaio 2015 una psicoterapia con un neuropsichiatra infantile, nel frattempo scopriamo anche comportamenti autolesionisti (tagli) che smettono verso giugno-luglio. La fine della scuola media è un gran sollievo ma non risolve tutti i problemi. La mia perplessità riguarda la gestione della terapia da parte dello psichiatra: a parte i primi due incontri di esposizione del problema, ha parlato con noi genitori separatamente 4 volte in tutto in un anno e 3 mesi e solo perché gliel’ho chiesto, ha fatto 3 incontri insieme con noi e il bambino , non ci ha mai dato una diagnosi, dice che sta facendo dei test ma non finisce mai, nel tempo dice che risulta che a 14 anni abbia l’impulsività di un bambino di 9, che ha difficoltà a mantenere attenzione, eccessiva verbalizzazione, una bassa empatia, atteggiamenti depressivi, un po’ d’ansia etc.
A dicembre ha detto che forse sarà opportuna una certificazione presso la scuola, a gennaio che in un paio di settimane avrebbe avuto un quadro più chiaro, a febbraio è rimasto sul vago, ha detto che ci saremmo rivisti dopo un mese, e poi non l’ho più visto né sentito. L’ho chiamato 3 volte a fine marzo, gli ho chiesto via sms quando pensava di vederci, senza risposta. La cosa va avanti sine die. Non sta fornendo a noi genitori strategie per fronteggiare lo sconforto e gli scontri. Non so se sono eccessivamente richiedente, ma oltre alla spesa sono sconcertata dalla scarsa comunicazione e dalla lungaggine del percorso diagnostico.
Secondo lei dovrei cambiare terapeuta?

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