Buongiorno Dott.ssa Piana,
ho un figlio di 29 anni in comunita’ di recupero per tossicodipendenti, dopo aver fatto 2 anni di carcere per spaccio e per violenza negli stadi. Il mio problema quotidiano, che poi si acutisce durante i colloqui in comunità, è il modo con cui relazionarci con lui. I nostri sentimenti sono un misto di dispiacere-rabbia, soprattutto quest’ultima che tiene il sopravvento, ma gli educatori ho notato che preferiscono un dialogo contenuto. A suo parere come possiamo comportarci per fargli capire che nel futuro non saremo certo accomodanti e generosi come prima, considerando i risultati ottenuti, anche se abbiamo capito che comunque aveva molte fragilita’ e zero autostima, che lo hanno portato a frequentare ambienti poco raccomandabili, lontani anni luce dall’ambiente in cui è cresciuto?
Ha un concetto strano del valore di amicizia e la nostra paura è che rifrequenti le stesse persone di prima, anche se incensurati, ma conniventi, quindi suoi pari. Anzi peggio.
La ringrazio, cordiali saluti
Rosalba
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